14/03/14

facciamo i biscotti?

<<Mamma, facciamo i biscotti?>>
Quante volte vi sarà capitato di dirlo alle vostre madri, o di sentirvelo dire dai vostri figli. E voi premurose (nel caso di genitrici) cosa rispondete o cosa vi sentivate rispondere?
<<Certo cara, quali biscotti facciamo?>> 
Al cioccolato, con le gocce di cioccolato, con l'uvetta, con la marmellata, biscotti al burro, etc.
In Sardegna no. Se chiedi biscotti la scelta è una sola, biscotti. Non si perde tempo a spiegare che tipo di biscotti, anche perché gli altri hanno altri nomi.

preparazione dei biscotti
Poi, chiaro, ognuno custodisce gelosamente la propria ricetta, e anche seguendola fedelmente, questi biscotti non vengono mai uguali. Se sei fortunato saranno proprio uguali a quelli che faceva nonna, se no ti diranno: "ma quelli di nonna non erano così!" Ieri abbiamo fatto i biscotti, seguendo la ricetta tradizionale della nonna. La nonna non ha fatto in tempo ad avere un blog, perciò è tramandata in un logoro foglietto di carta, che rende tutto più romantico. Come se non bastasse, li abbiamo cotti nel forno a legna, per darci quel tocco shabby-chic!

bocca del forno che emana molto calore


Ed ecco la ricetta:
  • 1 kg. di farina di grano tenero tipo 0 
  • 30 g. di ammoniaca per dolci
  • 4 uova
  • 1/2 kg. di zucchero grezzo di canna (più quello per decorare i biscotti)
  • meno di 1/4 di litro di latte
  • 70 g. di strutto, potete sostituirlo con il burro
  • la scorza di due limoni
Mischiare la farina con lo zucchero, aggiungervi lo strutto (o il burro) fatto a pezzi e leggermente sciolto. Impastare rapidamente, aggiungere la scorza del limone e iniziate a incorporare le uova, continuate a impastare. Aggiungere il latte poco alla volta, fermarsi prima che l'impasto diventi troppo appiccicoso. La ricetta non è molto chiara sulla quantità del latte, potrebbero bastare 200 ml.
Impastiamo fino ad avere una pasta morbida e omogenea. Poggiamola su un piano infarinato e stendiamola con il mattarello, fino a uno spessore di mezzo centimetro. Tagliamo i biscotti con le formine che ci piacciono, spennelliamoli con dell'acqua e adagiamoli su un piatto dove, in precedenza, avremmo messo lo zucchero. Posizioniamoli in una teglia da forno e inforniamo a 180°, sono pronti quando assumono un bel colore ambrato.

Buona merenda!

04/02/14

evoluzione della specie: dalla pizza di fango ai culurgiones

Qualche giorno fa mi chiedevo, quando ho fatto l'ultima pizza di fango? Forse a dieci anni, a undici mia mamma mi ha messo un pezzo di pasta in mano per giocarci. A dodici mi ha dato il compito di riempiere i dischi vuoti col ripieno, quando preparava i culurgiones. A quattrodici li chiudevo. La macchinetta per tirare la sfoglia no, quello era compito di mia zia, come la preparazione dell'impasto, è sempre stata prerogativa di mia mamma. 

Oggi, per tutti quei bambini che non hanno possibilità di giocare col fango, ci sono i laboratori di pratica con l'impasto. Sia per preparare la pasta che la pizza o il pane. I bambini si divertono a lanciare farina per aria, a trasformare farina e acqua in una specie di das, e darle le forme che la loro fantasia gli suggerisce. Sono numerose, le associazioni che si occupano di educazione alimentare e di temi sociali, che propongono laboratori per pastai in erba. Durante i laboratori, vengono fornite informazioni su come debba essere una corretta alimentazione, sui diversi tipi di farina, e da dove viene. Alcuni laboratori promettono: di far infarinare, sporcare e affondare le mani nell’impasto, stenderlo e creare da soli la loro pizza preferita usando la base lievitata e le verdure più gradite per la guarnizione. Per i più arditi e fantasiosi pizzaioli in erba si potranno creare divertenti personaggi: primo fra tutti il proprio autoritratto e a seguire tutta la famiglia, animali domestici compresi!
Un altro, che forse si prende un po' troppo sul serio, dichiara:
Questo corso insegna a genitori e figli a diventare un'ottima squadra in cucina: il bambino, insieme all'aiuto e alla supervisione della mamma o del papà, imparerà a preparare ottimi gnocchi, e avrà così un primo approccio con l'arte culinaria della pasta fresca fatta in casa.
Insomma, vi crescete un piccolo chef in casa!


E voi che rapporto avete con le pizze di fango?

01/02/14

dlínnn dlònnn (comunicazione di servizio)

Il nostro sito è offline per aggiornamenti. Tornerà presto, più bello che mai!
Nel frattempo, aspettiamo anche che le bacche di mirto si macerino a dovere.

Our website will be down for maintenance for a while. It'll be back soon.
In the meanwhile, we'll wait for our mirto to be ready :)



29/01/14

castagne, latte e latticini

In Lombardia, nella seconda metà del Quattrocento, il medico sabaudo Pantaleone da Cofienza, elogia la dieta montanara costituita prevalentemente da castagne, latte e latticini, affermando che essa è in grado di offrire una nutrizione completa. (fonte Wikipedia)


Quando si dice la colazione del campione! Quando fa freddo si sa, meglio mangiare. E chi, meglio di noi, può suggerirvi una fantastica ricetta per affrontare i giorni della merla? Noi appunto.

Facciamoci gli gnocchi di castagne da condire con una salsa di cavolo verza.

In questa ricetta però, non c'è il latte, forse i latticini. C'è di sicuro la farina di castagne, ci sono le patate e la farina di grano tenero tipo 0. Prendiamo un chilo di patate, le laviamo, e le cuociamo per quindici minuti in pentola a pressione. Aspettiamo che la pentola si freddi, apriamo, estraiamo le patate e le schiacciamo direttamente sopra la spianatoia.

Pesiamo le farine. Occorrono circa 300 g. di farina totali: possiamo fare metà di castagne e l'altra metà di grano tenero, o altra farina bianca di nostro gradimento. Oppure possiamo metterne 200 g. di grano tenero e 100 g. di castagne. Mettiamo un pizzico di sale ed amalgamiamo il tutto, ottenendo una massa compatta. Lasciamo riposare qualche minuto, il tempo di lavarci le mani, e iniziamo a fare i nostri bei rotolini da cui ricaveremo gli gnocchi.

Intanto facciamo preparare la salsa di cavolo (noi abbiamo usato la verza) da qualcuno che gironzola in cucina.

La verza andrà tagliata a strisce sottili sottili, lavata per bene in abbondante acqua fredda e fatta saltare, assieme a un quarto di cipolla, in poco olio extravergine d'oliva, e sfumata con del buon vino bianco secco. Dopodiché, si aggiungerà dell'acqua e si cuocerà a fuoco basso per circa mezz'ora. Sale e pepe completeranno la salsa.

Una volta cotta, la verza verrà frullata e arricchita con ancora un poco di olio EVO e formaggio (noi avevamo, guarda caso, del pecorino sardo semi-stagionato).



Ecco gli gnocchi pronti, mettiamo a bollire una pentola d'acqua. Pesiamo gli gnocchi, almeno 150 g. a testa, buttiamo in acqua, dopo averla salata. Ora gli gnocchi hanno due possibilità, sciogliersi, oppure venire a galla. Io spero sempre che galleggino. Una volta venuti a galla, contiamo fino a 120 e scoliamo con la schiumarola. Condiamo gli gnocchi nei piatti, con un mestolo di salsa di cavolo.


Buon appetito!

23/01/14

mangiate pasta

Pasta, pasta e ancora pasta. Non per niente ci chiamano mangiaspaghetti, non conoscendo affatto l'infinita varietà di pasta prodotta in Italia. Oggi su Dissapore c'è un bel post su 20 ravioli da mangiare assolutamente in giro per il mondo.
Un sabato qualunque in pastificio:
cliente: Salve, ho degli amici a pranzo, sono indecisa tra questi ravioli e un risotto, cosa mi consiglia?
L.: RISOTTO!
cliente: grazie, solo qua non mi si obbliga a comprare!

Certo, non è bello passare da bottegai. La sincerità coi clienti va bene, ma così forse è troppo! A mia discolpa, il risotto mi piace moltissimo. Quindi, per tutte le volte che non l'ho detto, cerco di rimediare. Mangiate pasta.


Non voglio vedere musi lunghi, la pasta dona forza e salute. La pasta è bella da vedere e buona da mangiare, soprattutto quella fresca. Per i formati, per i ripieni, per i colori della sfoglia. Allora vi faccio un riepilogo delle paste che facciamo, eh?

Formati di pasta fresca, ripiena e gnocchi
Di pasta facciamo e abbiamo fatto tutta quella che siamo riuscite a inventare. Non c'è limite in realtà alla pasta che si può fare in casa, certo quelle della tradizione è sempre un piacere farle:
casoncelli bergamaschi: ripieno di carne, pere, amaretti, Nostrano della Val Trompia
culurgiones d'Ogliastra: patate, pecorino sardo, cipolle e menta

Tortellini bolognesi: lonza di maiale, mortadella, prosciutto crudo, Parmigiano Reggiano

Tortelli zucca: Zucca, pan grattato, Parmigiano Reggiano, mostarda
Ma oltre queste si apre un mondo, fatto di farine diverse (farro, kamut, grano saraceno) e di ripieni, tutte le verdure e i formaggi del mondo! Per esempio abbiamo fatto queste:
Tortelli saudade

cestini di caprino: caprino, ricotta di pecora, crescenza di capra, basilico fresco
regoli di pesce: sgombro, insalata, carote e sedano

E ancora i boccioli, i gyoza, i ravioloni tacchino e paprika, le margherite alla ricotta e barbabietola, i ravioli saraceni, i ravioccheri, gli alianti mela renetta e pollo, i ravioli soldi-soldi.
Quando parliamo di pasta, spesso ci dimentichiamo degli gnocchi, certo non variano nella forma, ma il contenuto varia eccome. Quali gnocchi facciamo? Gnocchi di castagne, gnocchi all'ortica, gnocchi di patate, gnocchi di patate e farro, gnocchi di zucca e farro, gnudi di cavolo nero, gnocchi di patate rosse e pistacchi,  gnocchi di ricotta ed erbe aromatiche, culurgionis spoggiausu (culurgiones nudi).
Vogliamo parlare della "semplice" sfoglia? La pasta fresca:
spaghetti di semola di grano duro

garganelli di semola di grano duro

strichetti di semola di grano duro con barbabietola

malloreddus

tagliatelle all'uovo

tagliolini al curry

Ci sono delle regole per preparare un buon piatto di pasta? Se l'ingrediente principale del piatto è la pasta, cerchiamone una fatta come si deve. Se la pasta in questione è il culurgiones, le regole sono queste:

Mettiamo a bollire l’acqua in una pentola di medie dimensioni. Aspettiamo che bolla, nel mentre possiamo fare altro (leggere, per esempio, o stendere, o intrattenerci col grammofono).
Ora che bolle, la saliamo, e iniziamo ad immergervi – con tutta calma – i nostri culurgiones. Non se ne mettono più di dieci per volta; forse si può arrivare a dodici. Comunque, mai più di quindici.
Con una schiumarola, giriamoli lentamente, per evitare che si attacchino al fondo.
Cosa importantissima: non abbandonare mai la propria postazione. I culurgiones potrebbero accorgersi della vostra assenza e disintegrarsi.
In un battibaleno, infatti, essi verranno a galla e, dopo soli cinque-sei minuti, saranno pronti da scolare.
Si consiglia di raccoglierli con la schiumarola, per poi adagiarli nel piatto.
Secondo la ricetta originale, i culurgiones si condiscono con salsa di pomodoro e una spolverata di pecorino, ma sono buoni anche con il burro e la salvia, o con una crema ai funghi.

Ora tocca a voi, quanti tipi di pasta conoscete?

19/01/14

sfogline prestate all'agricoltura

Dopo aver prestato le nostre braccia alla pastificazione, eccole tornare all'agricoltura. Forse agricoltura è una parola grossa, diciamo a un campo. 
Iride caccia le infestanti col pensiero
Laura verifica che sia cresciuto qualcosa   









Si fa presto a pianificare piani bi, poi succede che decidi di farlo davvero e ti accorgi che le cose non vanno come avevi immaginato. O no?!
Comunque sia, una vita è troppo poca, non ci basta, ci sono troppi mestieri da imparare. Mettersi nei panni degli altri può essere molto utile, ma faticoso.
Quando il tuo lavoro non è legato al tempo atmosferico, il fatto che piova può solo metterti di cattivo umore, oppure farti prendere l'ombrello, o farti uscire in macchina invece che a piedi. Ma se il tuo lavoro dipende dalla pioggia, dal vento, dai nubifragi, dal freddo improvviso, perchè potresti non mangiare, o perdere dei soldi. Beh allora la cosa cambia!

Vi sentite un po' confusi? Andiamo con ordine. Come avete letto in un post precedente, abbiamo trascorso un anno un po' burrascoso, diciamo. Ma siamo sempre noi, le sfogline di PNS, che abbiamo deciso di fare un'esperienza agricola. Ci troviamo in Sardegna e stiamo coltivando la terra, insomma abbiamo seminato un po' di ortaggi: spinaci, piselli, insalate, cime di rapa, patate, fave, finocchi, broccoli e bieta da costa. Dopo un panico iniziale, dovuto alle continue piogge a una settimana dalla semina, tra le infestanti si sono fatte largo le nostre piantine.
Cosa abbiamo imparato? I semenzai, se esistono, vanno usati. In Sardegna il tempo è mite, ma non a Novembre. La Sardegna è bella, ma il lavoro non c'è. (cit.)
Cosa fare allora? Vorremmo trovare un'idea travolgente, che abbia la stessa forza della plastica squagliata di Burri. Coltivare degli ortaggi così buoni, che nessuno ne ha mai mangiato. Trovare un modo di coltivazione che rivoluzioni l'agricoltura mondiale. Coltivare un grano così antico, che non c'è nemmeno nei libri di Storia. Da questo grano, farci una farina che fa dimagrire se ne mangi quintali, e ti fa più bella, forse immortale, ma non vorrei esagerare. Mentre discutiamo su come svoltare la nostra carriera di braccianti agricole, ci capitano per le mani tre chili di bacche di mirto.
Ci vorrebbe un idea rivoluzionaria, trasformare queste bacche in qualcosa che la gente non ha mai visto, in un qualcosa al quale le persone non possano più rinunciare. Un qualcosa bello da vedere, e buono da gustare. Un qualcosa che faccia conoscere la Sardegna al mondo intero per l'utilizzo furbo di questa bacca. Che se ci sono un tedesco, uno spagnolo e un milanese e tu dici mirto, il milanese pensa subito alla Sardegna, ma anche il tedesco eh! 
Oppure mi affido alla tradizione vecchia di un secolo e faccio il liquore di Mirto, ma lo chiamo M'orto, o Mirt'orto? Perchè la campagna c'entra sempre. Crescerà anche spontaneamente, l'arbusto, ma ci vuol sempre qualcuno che lo raccolga.
Allora ci affidiamo alla scarna ricetta, meglio se fotocopiata, della zia, per preparare litri di mirto.
  • 700 g. di bacche di mirto
  • 1 L. di alcool
  • 1 L. e mezzo di acqua
  • 600 g. di zucchero (se ne possono usare anche 500 g. dipende dai gusti)
Mettete a macerare le bacche di mirto nell'alcool per quaranta giorni, dopo averle lavate. Mettetevi un promemoria, oppure scrivetelo nel calendario. Passato questo tempo fate bollire l'acqua, scioglieteci dentro lo zucchero, fatela raffreddare. Filtrare l'alcool e aggiungetelo all'acqua zuccherata, ormai fredda. Conservate al riparo da sguardi ingordi, per almeno dieci giorni. Ora potete berlo!
bacche di mirto, prima del lavaggio
 Se vi dico mirto, voi a cosa pensate?






16/01/14

Dream Baby Dream

"Open up your heart
C'mon keep the fire burning
Keep the fire burning
C'mon baby dream baby dream"


(Bruce Springsteen, "Dream Baby Dream" - Suicide cover)

Colleghi Springsteeniani, che vi devo dire?
Tanto ho trovato sentita, struggente e necessaria la "Dream Baby Dream" con cui il Nostro chiudeva i concerti del Devils & Dust Tour qualche anno fa, tanto mi sembra inutile e finta la versione incisa per "High Hopes", l'album appena uscito.



Sono cresciuta con una vera e propria fissazione nei confronti della musica. Ne parlerei per ore, sempre e per sempre. Ovunque e con chiunque. Ne scrivo pure qui, in un blog che dovrebbe celebrare quasi esclusivamente il cibo e, tutt'al più, la nostra attività.
Sono sempre stata così, fin da piccola.
Le mie coetanee dormivano abbracciate a bambole e orsacchiotti. Io facevo sonni e sogni sereni felicemente abbarbicata al mio mangiadischi bianco e rosso.
Il primo 45 giri che ho toccato fisicamente, nonché la prima canzone che mi ha trafitto il cuore: "Scende la pioggia" di Gianni Morandi, versione tutta italiana di "Elenore" dei The Turtles.
Cosa ne potesse capire una bambina di quattro anni di "per amore sto morendo" e "crolla il mondo addosso a me", non ci è dato saperlo. Ma che mi fregava? Io la cantavo a squarciagola, trascinata dalla melodia.

Agli albori della mia carriera di maniaca della canzone, immagazzinavo quel che passava il convento: sigle dei cartoni animati. Amore incondizionato verso "Daitarn III", "Goldrake", "Jeeg Robot D'Acciaio" (che mio padre, per anni, ha creduto "Microbo d'Acciaio"). Nei confronti di Cristina D'Avena, insofferenza e una punta di schifo.
Più avanti è stata la volta del Festival di Sanremo (musica colta a manetta, a casa mia!). Primo ricordo nitido: Alice, con "Per Elisa". Gran classe, bisogna dirlo.

Poi, per fortuna, mi sono coltivata i miei gusti e le mie passioni, e a 11 anni mi sono spinta oltre le mie umane capacità imparando "Born in the U.S.A." di Springsteen.

Insomma, tutto questo po' po' di preambolo per dire che, fin da ragazzetta, quando non trovavo le parole giuste per condividere stati d'animo e pensieri (se si è emotivi spesso capita), le chiedevo in prestito alle canzoni che conoscevo. Che non è una peculiarità esclusivamente mia, me ne rendo conto.
Nel periodo adolescenziale, in anni cui, si sa, si è maggiormente confusi (o così si crede perchè ancora non si è arrivati vicini ai 40...), non so dire nemmeno io quante musicassette ho distribuito agli amici.
E ci mettevo una perizia infinita, mentre le preparavo.

Poi, per fortuna, sono riuscita ad affidarmi sempre di più alla parola parlata. Che per certe situazioni è un po' più immediata, diciamo.

Però è bello utilizzare canali comunicativi alternativi e insoliti, a volte, no?

Sono convinta che anche il cibo possa veicolare precisi messaggi.
I sapori non sono mica tutti uguali: ci sarà un motivo. Così come un piatto presentato in un certo modo può suscitare determinate emozioni/reazioni al posto di altre. La cucina giapponese ce lo dimostra.


Per esempio, mio padre, abitudinario un po' in tutto, dà il peggio di sé a tavola: niente sapori nuovi, zero variabili, imprevisti no grazie. Una profonda repulsione verso qualsiasi tipo di verdura, risalente ai tempi dell'asilo. Dice che non ne sopporta la consistenza che assumono una volta cotte. Però, per star sicuro, non ne mangia nemmeno di crude. Uno che, dacché lo conosco, va dicendo "non mi piace la pizza", senza averne mai assaggiato nemmeno un boccone.
Non chiede altro se non di poter mangiare i soliti due o tre piatti conosciuti e rassicuranti.
Una manna per mia madre, altra abitudinaria cronica, anche ai fornelli.
Quando i miei litigavano, tutti sapevamo cosa avremmo mangiato il giorno dopo: stufato di manzo (piatto molto amato da mio padre). Con cipolle, però. Tante cipolle. Una montagna, che finiva per franare quasi tutta nel piatto di mio padre.
Forse anche mia madre ha sempre avuto qualche problema con la parola parlata, ma con le cipolle ci sa fare, altroché.

Voi cosa dite? Comunicate col cibo?
Per dire: se doveste dichiarare il vostro amore ad una persona con un piatto, cosa le cucinereste?
E se doveste comunicarle astio?










10/01/14

tutti prima o poi fanno i grissini





Cari amici vicini e lontani, buon anno!


Quali sono i vostri desideri, per questo 2014?

Noi non vi stupiremo di certo se vi diciamo che, ai primi posti della nostra wish-list, ci mettiamo: "essere-meno-precarie".

Come sempre, da laboriose apine operaie, per trasformare in realtà questo auspicio, cominciamo dalle cose più piccole e semplici, smettendola di affidare le nostre ricette (e, di conseguenza, la nostra vita professionale) a fogli e foglietti su cui abbiamo appuntato di corsa, negli ultimi frenetici anni, le ricette dei nostri manicaretti.

Da oggi, saremo ordinatissime: solo quaderni e pc.

Per suggellare questo patto, iniziamo a trascrivere la ricetta dei grissini stirati torinesi, felici di condividerla con voi e con le amiche e gli amici di CucinaMancina.

L'esecuzione è semplice. L'unica cosa che si richiede è un minimo di pazienza per imparare a tirare i grissini. Per questo, agevoliamo simpatico micro-video didattico, realizzato in un momento di relax casalingo (si prega di notare anche la fantasia très chic del grembiule, tagliato e cucito da una delle qui presenti sfogline... perchè, ormai, non ci basta impastare, cucinare, fare dolci, spostarci con agilità da un Paese all'altro e - ma questo ve lo spiegheremo meglio in un post a parte - coltivare verdure: qua qualcuna si diletta pure col taglio e cucito).

A voi la ricetta, ordunque!

Se poi volete farvi anche voi un video mentre preparate i grissini, noi lo vediamo volentieri. :)


A presto da PNS!


la nostra adorata pasta madre, che viaggia sempre con noi




Grissini stirati torinesi



cosa serve:

250 g di pasta madre matura (idratata al 40/50 %)

350 g di farina 0

50 g di olio EVO

1 cucchiaino di malto d'orzo

1 cucchiaino di sale

150 g di acqua


come si fa:

Su una spianatoia disponiamo la farina a fontana.
Sciogliamo la pasta madre nell'acqua leggermente tiepida, aggiungiamo il malto, l'olio EVO versiamo il tutto nel cratere di farina e impastiamo per 8/10 minuti. Possiamo anche battere l’impasto sulla spianatoia, per renderlo elastico.

Quando ci sembra bello liscio, e le nostre braccia sono doloranti e livide, formiamo due filoni piatti e rettangolari (verranno di circa 30 x 5 cm).

Stendiamo i filoni su una spianatoia spolverata con semola di grano duro, spennelliamoli con poco olio EVO e spolverizziamoli con altra semola.

Copriamo a campana e lasciamo lievitare per due ore circa.

Trascorse le due ore, tagliamo, dal lato corto, dei bastoncini da un centimetro circa (noi, solitamente, li facciamo un po' più piccoli).

Afferriamo delicatamente i bastoncini tra indice e pollice con entrambe le mani e tiriamo piano piano, partendo dal centro e andando verso l'esterno, in modo da allungarli.

Inforniamo per circa 15 minuti a 200°C (forno statico).